Abu Simbel: ecco come un’impresa italiana salvò il capolavoro del faraone Ramses II
Tremila e duecento anni fa il faraone Ramses II costruì il complesso di Abu Simbel per celebrare la vittoria di Kadesh e l’amore per la regina Nefertari. Scoperto nel 1813 e minacciato dalla diga di Assuan, il tempio fu smontato e ricostruito 280 metri più all’interno e 65 metri più in alto
Figlio di Seti I e della regina Tuya, il faraone Ramses II era conosciuto dagli antichi egizi come “Usermaatra Setepenra” ossia colui che mantiene l'equilibrio e l'armonia, potente, è la giustizia di Ra, l’eletto di Ra - il dio sole egizio.
Una volta salito al trono dopo la morte del padre, Ramses volle da subito riaffermare i confini dell'Egitto, assicurandosi il controllo delle rotte commerciali.
A seguito della vittoria contro gli Ittiti nella battaglia di Kadesh nel 1274 a.C., il faraone commissionò la costruzione di un complesso monumentale, oggi comunemente conosciuto come “Abu Simbel”, composto dal grande tempio e dal tempio minore, dedicato alla sua sposa, la regina Nefertari, con una vera e propria dichiarazione di amore. Con queste parole che troviamo iscritte nel tempio: “Unica, amata senza rivali. La più bella del reame, ammirala. È come scintillante stella all'inizio di un felice anno.”
Custodito per 3000 anni dalla sabbia del deserto, il tempio fu scoperto in epoca moderna dall’esploratore svizzero Johann Ludwig Burckhardt, che nel 1813 d.C. fu condotto al sito da un ragazzo di nome Abu Simbel. Non trovando nessun riferimento iconografico, Burckhardt decise di battezzarlo con il nome del ragazzo. L'esploratore, tuttavia, non riuscì a portare il sito alla luce, poiché sepolto nella sabbia fino al collo dei grandi colossi. Fu l’italiano Giovanni Belzoni che scavò per primo Abu Simbel nel 1817 d.C.
A seguito della decisione del governo egiziano presieduto da Gamal Abd al-Nasser, si decise di impiegare la potenza del Nilo per produrre energia idroelettrica. Fu così progettata la diga di Assuan nel 1960. Quando furono rilasciate le autorizzazioni per la costruzione della diga, l’invaso artificiale che si sarebbe creato, avrebbe per sempre sommerso i templi di Abu Simbel. Fu così che l’UNESCO lanciò una campagna per cercare una soluzione che permettesse di salvarli, conservandoli così all’ammirazione delle generazioni future.
L’azienda italiana Webuild (allora Impregilo) ricevette l’incarico di smontare e rimontare il complesso monumentale, sezionandolo in 1030 blocchi, pesanti rispettivamente 265.000 e 55.000 tonnellate. Furono così reclutati ingegneri ma soprattutto tecnici con esperienza e passione di lavoro nelle cave: i cavatori di Carrara.
Grazie al contributo di 113 Paesi venne così progettata e realizzata l’opera colossale.
Inizio dei lavori
Tra la primavera del 1964 e la primavera del 1965 partì la prima fase del progetto di spostamento dei templi di Abu Simbel: venne realizzata una diga di sbarramento lunga 370 metri e alta 25 metri per proteggere l’area dall’innalzamento delle acque del Nilo. Il grande muro che rappresentava un primo argine era fatto con 380 mila metri cubi di roccia e sabbia e 11 mila metri quadrati di pile in lamiera di acciaio. Accanto alla diga, per contenere l’impatto del fiume, venne costruito un sistema di drenaggio, pozzi e canali sotterranei.
Una volta messo al sicuro il sito, iniziò lo smantellamento dei templi di Abu Simbel.
La seconda fase cominciò con la rimozione del picco sovrastante, mentre le facciate dei templi vennero protette con cuscini di sabbia per evitare che potessero essere danneggiate dalla caduta di frammenti.
Fu in questa fase che avvenne il taglio dei templi in blocchi.
La terza fase prese il via con i lavori di rimontaggio che durarono oltre due anni, fino al settembre del 1968. Il ruolo più delicato fu quello assegnato ai geometri, chiamati a verificare il perfetto posizionamento dei blocchi.
Il tempio venne infine ricostruito all'interno di una struttura artificiale, dotata di archi e cupole protettive di calcestruzzo, realizzate con criteri innovativi.
La maggior parte del lavoro di scavo venne fatta senza l’aiuto di esplosivi per non mettere in pericolo i templi per via delle vibrazioni: l’unica soluzione fu l’utilizzo di martelli pneumatici azionati a mano. Sia l’interno sia la facciata del tempio dovettero invece essere tagliati con seghe a mano.
Una volta completato il rimontaggio, i lavori si conclusero con la ricostruzione di un ambiente circostante che riproducesse alla perfezione quello originario, restituendo al mondo l’immagine esatta dei templi di Abu Simbel e i suoi fenomeni astronomici.
Il perfetto orientamento astronomico di Abu Simbel, nella posizione originale del tempio, faceva sì che il 21 febbraio e il 21 ottobre (due date che celebravano rispettivamente il compleanno e l'incoronazione del faraone), i raggi del Sole penetrassero al suo interno illuminando le statue degli dèi Amon-Ra e Ra-Horakhty, nonché quella dello stesso Ramses II divinizzato. Solo quella di Ptah restava volutamente in penombra, in omaggio al suo carattere di divinità funebre.
Per mantenere l’orientamento originario rispetto alle stelle, gli ingegneri dovettero ricorrere a calcoli astronomici che ancora oggi come 3.280 anni fa, consentono di ricreare quello stesso fenomeno all’interno del Tempio.
Considerato lo spostamento accumulato dal tropico del Cancro nei secoli, ha fatto sì che il fenomeno oggi si verifica il 22 febbraio e il 22 ottobre, alle 5:55 del mattino, attirando turisti e curiosi da ogni parte del mondo.
In poco più di tre anni i due templi di Abu Simbel, furono spostati 280 metri più all’interno e 65 metri più in alto rispetto alla loro sede originaria, trovando riparo in un luogo sicuro, lontano dal rischio di un’inondazione del Nilo.
Grazie all’eccellenza della tecnologia italiana, ancora oggi possiamo ammirare questa opera unica e di prezioso vincolo storico e archeologico.
Credits Copertina: Abu Simbel Rescue Egypt 1968 - Webuild
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