Autismo: passi avanti grazie all’AI per la diagnosi precoce. I dubbi di Molteni
Avere una diagnosi precoce è possibile anche per il disturbo dello spettro autistico. I risultati straordinari del progetto italiano Win4ASD che riconosce la malattia già dai 18 mesi
Un importante studio pubblicato su Science Advances a giugno 2024, sembra promettere enormi passi avanti nella diagnosi precoce delle malattie dello spettro autistico. Tramite lo sviluppo di un'intelligenza artificiale ad hoc, i ricercatori sono riusciti a individuare segni genetici dell'autismo attraverso l'analisi delle scansioni del cervello, ottenute grazie ad una semplice risonanza magnetica. Il sistema di AI è stato in grado di rilevare, nella struttura celebrale dei giovani pazienti, delle variazioni del codice genetico chiamate “variazioni del numero di copie” o CNV (sequenze genomiche ripetute associabili a certe forme di autismo) con una precisione ipotizzata tra l’85 e il 95%. I dati emersi sono stati messi a confronto con le variazioni del numero di copie legate all’autismo, riuscendo così teoricamente a distinguere gli individui con disturbi dagli altri.
Lo studio ha avuto una forte eco perché interpretato dai media come una possibile soluzione per identificare i marcatori genetici dell’autismo.
Si aprono insomma importanti spiragli per la diagnosi precoce dell’’autismo, ma secondo gli stessi autori dello studio siamo ancora in una fase sperimentale, la strada da percorrere è ancora lunga e non è escluso che ciò possa accadere in futuro.
“Purtroppo non c’è al momento un così rilevante passo avanti come diversi articoli hanno suggerito, fraintendendo lo studio”, afferma Massimo Molteni, tra i massimi esperti di autismo nel nostro Paese e ideatore del progetto Win4ASD, che ha portato la Lombardia all’avanguardia mondiale nella diagnosi precoce di queste malattie. “Sebbene sia parecchio interessante l’applicazione dell’intelligenza artificiale all’autismo, questa condizione è così subdola perché non ne esiste una, ma molte variabili che spingono a parlare di malattie dello spettro autistico. Questa ricerca ha decifrato il codice genetico di una sola, particolarissima, variante genetica, che è noto può dare autismo, con anomalie nel funzionamento rilevate anche grazie all’AI nelle zone del sistema nervoso centrale (SNC) dove ci si aspettava che quella specifica anomalia genetica potesse avere conseguenze. Trovare una corrispondenza tra gli aspetti genetici e i meccanismi biomolecolari cerebrali è estremamente interessante, per molti disturbi del SNC. Ma finora si tratta di aver valutato soggetti con una particolare forma di autismo, una variante genetica che tra l’altro non sempre porta l’autismo: la si può avere ed essere soggetti non autistici. O, al contrario, un soggetto autistico può non avere questa variazione. Non si può quindi assolutamente dire che è stato decifrato il codice genetico dell’autismo, ma di una goccia nel mare dell’autismo”.
Inoltre, l’esame necessario alla eventuale diagnosi – la risonanza magnetica – sarebbe talmente invasivo e costoso, che non è pensabile applicarlo a una intera fascia di bambini piccoli come test di screening.
“Il prossimo passo di questa ricerca – continua Molteni – dovrà essere di verificare se la corrispondenza trovata sarà confermata anche per le altre oltre 200 variazioni genetiche legate all’autismo. È molto importante non dare false illusioni alle famiglie, e capire che questa ricerca, oggi, e nel prossimo futuro, non porterà cambiamenti nella diagnosi delle malattie dello spettro autistico, che resta ancorata allo studio del comportamento dei bambini, ovvero di natura fenomenico comportamentale, che certamente però può essere anticipato rispetto alla media odierna”.
Se infatti, nel mondo, la diagnosi di autismo arriva in media tra i 3 e i 4 anni, in Lombardia il gruppo di lavoro di Molteni è riuscito a portarla a 18/24 mesi, “con enormi vantaggi sul destino del bambino, che può essere sottoposto a interventi precoci educativi e comportamentali che prima si insegnano, e prima avvicinano il bambino all’inclusione sociale. Questo significa anche avere la possibilità di far evolvere la malattia, evitando le situazioni più gravi”.
Il progetto WIN4ASD ha costruito prima di tutto un rapporto, una rete, tra pediatri e servizi neuropsichiatrici infantili, attraverso una piattaforma di Telemedicina dedicata: una assoluta eccellenza internazionale, nella teoria, come nei risultati.
“Il nostro sistema sfrutta i bilanci di salute, ovvero quei controlli dal pediatra di famiglia che puntellano la crescita di un bambino. Tra i 16 e i 18 mesi il pediatra, oltre alla sua valutazione, ha quindi a disposizione un test di screening specifico, validato a livello internazionale: il test – assieme ad altre informazioni, è inserito nel portale sviluppato, che, in tempo reale, calcola l’esito. Nel caso emergano significativi indizi di rischio, il pediatra discute con la famiglia il risultato, e questa può decidere di accedere a una valutazione specialistica presso il servizio di Npia del suo territorio, che nel frattempo si è dotato di un Nucleo Funzionale Autismo dedicato. Se il genitore acconsente, la piattaforma mette in comunicazione il pediatra e il servizio di Npia che provvedere a organizzare una prima visita specialistica entro 15/20 giorni dalla segnalazione, mettendo immediatamente in avvio la presa in cura. Una tempistica eccezionale, se consideriamo i tempi di attesa del servizio pubblico su altri fronti”.
Quindi mentre in Lombardia entro i 18 mesi i bambini vengono valutati in un sistema che in meno di un mese dà loro accesso alle terapie; altrove, in Italia come a livello internazionale, la media si attesta tra i 3 e i 4 anni, mentre il golden standard è entro i 3 anni.
Il sistema lombardo insomma fa scuola, marcia alla grande, in una regione di 10 milioni di abitanti. “Dall’inizio, ovvero da settembre 2022 al 30 giugno scorso, ovvero all’incirca negli ultimi due anni, in Lombardia abbiamo completato lo screening su 56mila bambini di 18 mesi, e ne abbiamo individuati circa 700 meritevoli di ulteriori accertamenti”.
Il sistema funziona talmente bene che, negli ultimi tempi, il numero di bambini diagnosticati entro i 3 anni è aumentato, nonostante un calo della popolazione infantile del 20% circa. I dati di questo successo Molteni li porterà al 34° Congresso dell’Associazione Culturale Pediatri (ACP), a Jesolo, il 20 e 21 settembre, proprio per sottolineare l’importanza del lavoro dei pediatri aderenti e magari sostenere l’esportazione di questo modello in altre parti d’Italia. “Dipende tutto dalla volontà delle altre regioni. Al momento, in Emilia Romagna c’è un meccanismo di collaborazione tra pediatri e centri specialistici, ma non c’è una piattaforma di Telemedicina dedicata, e dunque la segnalazione è meno immediata. Lo stesso in Piemonte”.
In teoria nessun bambino sfugge allo screening? “Controlliamo teoricamente tutti i bimbi di quella fascia d’età, è attivo oltre il 70% dei 1.300 pediatri di libera scelta lombardi. Chi non compila il modulo dedicato nella piattaforma, non sappiamo se non lo fa perché non ha pazienti in quella fascia oppure, per esempio, se quel bambino fa i bilanci di salute con il pediatra privato, o perché il genitore non vuole. In ogni modo, il risultato è eccezionale”.
Il progetto è partito in tutta la Lombardia nel 2023 (nel ’22 in alcune province) e controlla ogni bambino che esegue il bilancio di salute della fascia 0/18 mesi: all’incirca 60mila soggetti l’anno.
“Ora, l’obiettivo è migliorare ulteriormente, ampliando il nostro screening alla fascia 22/30 mesi, cosa che ci permetterebbe di cogliere i segnali d’allarme per quelle forme di autismo più lievi, che emergono più tardi, oggi mediamente intorno ai 4/5 anni. Naturalmente poi lo sforzo che va mantenuto alto è quello non banale di mantenere a regime questa innovazione, mantenendo costante l’impegno dei pediatri di famiglia, affinché continuino a supportarci. Per questo porterò a Jesolo la mia esperienza e il lavoro di tutto il gruppo”.
Quali sono i primi segnali che un genitore può comunicare al medico?
“Se il mio bimbo non mi segue con lo sguardo quando facciamo cose insieme, ad esempio, o non risponde quando lo chiamo anche se mi sembra che senta bene, usa gli oggetti in modo molto ripetitivo, ho l’impressione che sia distaccato da me e non mostra empatia. Poi, oltre a questo, se non compaiono tentativi di verbalizzazione e la comunicazione è molto limitata. Ancora, se un bambino è spesso lamentoso e inconsolabile, agitato, di difficile gestione. Tutti questi elementi, se costanti e presenti assieme ancora ai 18/20 mesi, sono una spia, per genitori e pediatri”.
Credits Copertina: Envato.com
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