L'energia dalle onde del mare: innovazioni e sfide per il futuro sostenibile del nostro pianeta

Immagine di un'onda che s'infrange sul molo

L'energia marina sta emergendo come una fonte rinnovabile cruciale. Innovazioni come i convertitori di energia d'onda negli Stati Uniti e in Italia, stanno rendendo possibile lo sfruttamento del moto ondoso. I principali progetti internazionali e i risultati dei test realizzati nella vasca navale dell'Università Federico II di Napoli, la più grande del mondo

Ogni giorno la luce del Sole inonda la Terra, la sua atmosfera è continuamente agitata dai venti e le onde dei mari investono incessantemente i suoi continenti. In altre parole, c’è energia ovunque. Eppure, riusciamo a ricavarne ben poca dal Sole o dai venti e ancor meno dalle onde. Ora, però, sembra arrivato il momento di cambiare le cose per sfruttare quella che, forse, è la più grande batteria del pianeta ma anche una delle fonti più difficili da sfruttare: gli oceani. È una grande sfida tecnologica che diversi Paesi hanno raccolto e tra questi c’è anche l’Italia.

Secondo l’Energy Information Administration degli Stati Uniti, il potenziale energetico teorico delle onde marine che si infrangono ogni anno sulle coste americane è di circa 2,64 trilioni di chilowattora, pari a circa il 63% della produzione totale di elettricità su scala di servizi pubblici nel 2023. Al momento, catturare tutta quest’energia è impossibile ma, anche rimanendo su cifre più realistiche, si stima pur sempre di poter arrivare a una quota di circa il 10-20 per cento del mix di energie rinnovabili degli Usa. Un valore tanto interessante da richiamare l’attenzione di enti statali, centri di ricerca e aziende come la C-Power che, lungo le coste dell’Oregon, sta avviando la sperimentazione di un innovativo impianto basato su "convertitori di energia d’onda" (Wave Energy Converter-WEC) per produrre energia elettrica dal moto ondoso.

I WEC sono dispositivi progettati per raccogliere l’energia cinetica e potenziale delle onde marine e trasformarla in energia elettrica da immettere nella rete nazionale.

In base al design i WEC possono sfruttare i movimenti verticali delle acque come le maree o quelli oscillatori delle onde, attraverso il movimento di galleggianti, boe o altre strutture, anche sommerse.

Illustrazione di un impianto di test per il recupero dell'energia dalle onde marine
Impianto di test PacWave Sud
Credits: Oregon State University

L’installazione dell’Oregon si chiama PacWave, è stata finanziata con fondi statali, federali e privati ed è la prima del genere negli Stati Uniti continentali e una delle poche al mondo. Si compone di due strutture offshore, una a Nord e una a Sud della città di Newport. La prima è già operativa anche se non è collegata alla rete elettrica sulla terraferma e serve a testare prototipi di WEC più piccoli. Si trova a due miglia dalla costa, vicino al porto ma in acque meno profonde rispetto a quella a Sud ed è costantemente monitorata per quanto riguarda la misura delle onde e le condizioni meteorologiche e oceanografiche. PacWave Sud, invece, è dove si prospettano le attività più interessanti. L’impianto è sviluppato dall’Università Statale dell’Oregon con la supervisione del Dipartimento dell’energia degli Stati Uniti e dovrebbe diventare operativo entro il 2025. Il sito gode di una pre-autorizzazione di 25 anni per testare diversi tipi e tecnologie di WEC e ospiterà contemporaneamente fino a 20 convertitori in quattro ormeggi separati, per una potenza totale massima di 20 megawatt sufficienti, a pieno regime, ad alimentare circa 2000 case di Newport. Gli ormeggi saranno collegati alla terraferma tramite cavi sottomarini per monitorare i dati e distribuire nella rete locale l’energia generata dai dispositivi in prova.

PacWave, dunque, è un sito di ricerca e sviluppo, una piattaforma sicura e controllata dove testare le diverse tecnologie WEC prima della loro commercializzazione su larga scala. Ma è anche un vero e proprio laboratorio nel quale valutare l’impatto di queste strutture sugli ecosistemi marini e costieri.

I problemi possono essere molti e, a volte, anche piuttosto inaspettati. Ad esempio, il rumore generato dalle acque potrebbe avere ripercussioni sulla migrazione dei mammiferi marini, nella struttura potrebbe restare intrappolata la fauna selvatica o potrebbero crearsi nuovi habitat per i merluzzi o i polpi, predatori di altre specie per le quali quella era una zona precedentemente sicura.

Mappa degli impianti PacWave
I siti degli impianti North e South di PacWave
Credits: https://pacwaveenergy.org

Nel Nuovo Mondo, dunque, la via dello sfruttamento dell’energia marina sembra essere stata imboccata con decisione. E da noi, nel Vecchio Mondo, come stanno le cose? L’Europa si è dotata da tempo di un piano per la transizione verso un sistema energetico neutrale e sostenibile dal punto di vista climatico, l’European Strategic Energy Technology Plan (SET Plan), nel quale molta attenzione è dedicata alla produzione di energia dai mari.

Non a caso, nel 2022, l’Europa risultava leader mondiale in due delle tecnologie con cui si può ricavare energia dal mare (le maree e il moto ondoso), grazie all’investimento di oltre 414 milioni di dollari in ricerca e innovazione fatto nel decennio precedente.

L’ultimo rapporto OceanSET, giunto nel 2022 alla sua terza edizione annuale, fotografa la situazione europea al 2020, data alla quale 8 Stati membri (tra cui l’Italia) risultavano avere una politica energetica marina con 141 progetti attivi, finanziati con 28,7 milioni di euro dai singoli Stati. Per il 2050 l’Ue ha un obiettivo ambizioso: produrre il 10% di energia elettrica dal mare, una percentuale in grado di soddisfare ben 94 milioni di famiglie l’anno, con notevoli benefici per l’ambiente (234 milioni di tonnellate di CO2 in atmosfera evitate), minor dipendenza energetica e circa 500mila nuovi posti di lavoro.
L’Italia ha mostrato un crescente interesse in questo settore ed è presente, tra l’altro, con una tecnologia sperimentale sviluppata da Enea (Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile) e politecnico di Torino. È il Pendulum Wave Energy Converter (PeWEC), un sistema pensato per le onde del Mediterraneo, generalmente di altezza non eccessiva ma di frequenza piuttosto elevata. Ricava energia dal moto ondoso con un sistema galleggiante simile a uno scafo che genera elettricità grazie all’oscillazione indotta dalle onde.

Modello in scala di sistema PeWEC per il recupero di energia dalle onde marine (durante le prove in vasca)
Modello in scala di sistema PeWEC durante le prove in vasca all’Università Federico II di Napoli
Credits: ENEA

Nel 2022 la seconda generazione di PeWEC ha ricevuto notevoli miglioramenti dopo i test condotti a fine 2021 nella vasca navale più grande d’Europa, quella dell’Università Federico II di Napoli, su un modello in scala 1:25. Le prove sono state condotte per studiare la resistenza a condizioni estreme e si sono rivelate cruciali per validare il sistema che, nel 2025, dovrebbe essere testato con un prototipo in scala 1:1 installato lungo le coste dove il potenziale energetico è più alto, cioè la Sardegna occidentale o lo Stretto di Sicilia. Il dispositivo (lungo 15 metri, largo 23 e alto 7,5 con un peso di oltre 1.000 tonnellate compresa la zavorra) sarà in grado di sviluppare 525 chilowatt e si stima che con una decina di questi si potrebbe produrre elettricità per circa 3.000 persone, contribuendo anche a contrastare l’erosione delle coste, grazie alla riduzione dell’energia delle onde che vi si infrangono.

È un sistema che, una volta validato e ottimizzato, potrebbe rivelarsi particolarmente utile per rendere autosufficienti le oltre 50 isole minori italiane con popolazione media di circa 2.500 abitanti.

Intanto, il 7 marzo 2023, Eni ha annunciato di aver installato, ottocento metri al largo di Pantelleria, il primo dispositivo al mondo di Inertial Sea Wave Energy Converter (ISWEC) connesso alla rete elettrica di un’isola. Il sistema (sviluppato da Eni con il Politecnico di Torino e la sua spin-off Wave for Energy s.r.l.) è in grado di raggiungere 260 chilowatt di potenza di picco convertendo l’energia inerziale delle onde e, assieme agli altri progetti simili, dimostra che anche il nostro Paese è seriamente intenzionato a sfruttare a fini energetici la risorsa mare, finora troppo trascurata ma ricca di grandi potenzialità.

 

Credits copertina: Envato @varyapigu

 


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