Dal Permafrost alla Serra: la resurrezione dei semi millenari per studiare la storia dell’evoluzione
Lo studio della "genomica della resurrezione" esplora la germogliazione di semi antichi, come quello di Commiphora risalente a oltre 1000 anni, rivelando applicazioni farmaceutiche promettenti e offrendo una prospettiva unica sull'evoluzione delle piante e la loro capacità di adattarsi ai cambiamenti ambientali
Hai mai immaginato di far crescere una pianta da un seme che ha dormito per migliaia di anni, conservato per millenni in un ambiente naturale come il permafrost? Sembra quasi fantascienza, eppure è una realtà che sta affascinando studiosi e appassionati di botanica di tutto il mondo. Stiamo parlando della “genomica della resurrezione”, ovvero la germogliazione dei semi antichi, una pratica che ci permette di riportare in vita piante che credevano estinte, offrendoci una finestra unica sul passato del nostro pianeta.
A tal proposito, il 10 settembre 2024 è stato pubblicato uno studio su Nature, condotto da un team internazionale di botanici e ricercatori sulle cosiddette “piante risorte”. Gli scienziati, sotto la guida della Dott.ssa Sallon, hanno fatto germogliare in una serra un antico seme dalle piccole dimensioni (1,8 cm e 0,5g), rinvenuto in una grotta del deserto della Giudea a Lower Wadi el-Makkuk da un gruppo di archeologi dell’Università Ebraica di Gerusalemme alla fine degli anni ’80 durante una missione esplorativa.
Il seme, datato grazie alla tecnica del carbonio 14 e risalente ad oltre 1.000 anni fa, tra il 993 e il 1202 d.c. - una datazione biblica – è stato rinominato “Sheba”, la celebre regina di Saba menzionata nell'Antico Testamento e nel Corano. Piantato nel 2010 presso la serra del Center for Sustainable Agriculture Excellence and Conservation (CSAEC), a distanza di 14 anni, è diventato un giovane albero raggiungendo un’altezza di 3 metri.
I ricercatori sostengono che la specie appartiene alla famiglia dei “Commiphora genus” (dal greco “kommi”, portatore di gomma), una specie nota per la produzione d’incenso e mirra (Burseraceae) e presente principalmente in Africa, Madagascar e nella Penisola Arabica. Utilizzata in passato per i suoi usi di etnobotanica - la scienza che studia l'uso delle piante nelle tradizioni popolari - grazie alle gomme aromatiche o oleoresine che ne vengono prodotte, dal XVIII secolo, la Commiphora è considerata la specie attraverso cui si estraeva la materia prima che permetteva la produzione del celebre “Balsamo della Giudea”, o “tsori”, un tipo di balsamo o resina vegetale, spesso associato all’antica regione di Galaad, che veniva coltivato in Giudea e nella valle di Gerico vicino al Mar Morto.
Riferimenti di questo prodotto li ritroviamo in diversi passi dell'Antico Testamento, in particolare nei libri di Geremia e della Genesi (non c'è forse balsamo in Galaad, non c'è là alcun medico? Perché mai non giunge la guarigione della figlia del mio popolo? - Geremia 8:22), dal momento che era il più prezioso prodotto esportato dell’antica Giudea e molto apprezzato per la sua gommoresina aromatica detta “opobalsamo”.
Gli scienziati hanno studiato il sequenziamento del DNA, ovvero il processo con il quale si può stabilire l'ordine dei nucleotidi che compongono una molecola di DNA, oltre all’analisi filogenetica (storia evolutiva di un gruppo di organismi) e fitochimica (studio della loro composizione chimica), oltre all’analisi di materiali provenienti da fonti archeologiche e storiche e dati fitogeografici (studio della distribuzione geografica delle piante e delle loro comunità), in modo da poter esplorare varie ipotesi che possano spiegare la presenza di questa specie sconosciuta nella regione del Levante.
Ulteriori studi forniscono promettenti applicazioni in ambito farmaceutico. Attraverso la tecnica analitica del GC-MS (gas-cromatografia accoppiata a spettrometria di massa), i ricercatori Garvin R. Flematti e Bjorn Boham dell’Università dell’Australia Occidentale, grazie all’analisi dei dati fitochimici di Sheba, hanno identificato nuovi glicolipidici, i costituenti fondamentali delle membrane biologiche che hanno il compito di garantire il mantenimento della struttura e delle sue funzioni. Tra l’altro, nelle foglie di Sheba sono stati individuati alti livelli di squalene, una sostanza organica che viene comunemente utilizzata in cosmetica e per i trattamenti per la pelle. Infine, sono state trovate quantità di triterpeni pentaciclici, ovvero metaboliti secondari, presenti nelle foglie, nella corteccia dello stelo, nei frutti e nelle radici, che godono di benefiche proprietà antinfiammatorie, oltre a quelle antibatteriche, antivirali, epatoprotettive, antitumorali e di cicatrizzazione.
La rivitalizzazione dei semi antichi è una pratica comune nella comunità scientifica. Uno dei casi più famosi riguarda la germogliazione dei semi di Silene stenophylla, conservati per 30.000 anni nel permafrost. Oppure il dattero della Giudea (Phoenix dactylifera), germogliato da semi vecchi di 2000 anni, rinvenuti nel sito di Masada, in Israele. Altro esempio è quello dell’Anagyris foetida, risalente a 1600 anni fa e, infine, il Nelumbo nucifera, il loto sacro, i cui semi risalgono a 1300 anni fa.
La germogliazione dopo millenni è possibile grazie a due fattori: da una parte i semi, in condizioni estreme riescono a mantenere intatta la loro composizione cellulare tramite il processo di disidratazione che previene la degradazione del DNA, dall’altra perché alcuni semi (ad es. di palma), hanno una conformazione molto solida che li protegge dalle variazioni di temperatura, mentre altri hanno al loro interno sostanze come gli stessi glicolipidi che sono capaci di proteggere le membrane cellulari dagli shock termici.
L’emergente branchia della genomica della resurrezione utilizza semi antichi per svelare i misteri dell'evoluzione delle piante. Confrontando i genomi di queste antiche piante con quelli delle loro discendenti moderne, gli scienziati possono ricostruire la storia evolutiva delle specie, identificando adattamenti genetici che hanno permesso loro di sopravvivere e prosperare in ambienti mutevoli. Grazie a questa innovativa tecnica, è possibile studiare fenotipi ormai scomparsi e comprendere meglio come le piante si siano evolute per rispondere ai cambiamenti climatici del passato.
Credits Copertina: Runway AI generator
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