Scuole italiane e digitalizzazione: la tecnologia nel quotidiano scolastico. Intervista a Daniele Barca
Sviluppare programmi multidisciplinari per migliorare l'educazione digitale e scientifica: questa è la chiave per modernizzare la scuola
I risultati dei dati dell’Osservatorio Scuola Digitale pubblicati dal MIUR non sono confortanti, la situazione delle scuole italiane in fatto di infrastrutture tecnologiche, loro utilizzo e inserimento nella didattica quotidiana non è al pari con i tempi e i punti critici su cui lavorare sono ancora molti: dalla connessione e qualità dell’accesso alla rete, al numero di device in rapporto al numero degli studenti, dall’adesione alla formazione destinata a docenti e a studenti all’adozione di nuove metodologie didattiche.
Abbiamo così chiesto un parere a chi la scuola la vive tutti i giorni, come i dirigenti scolastici: Daniele Barca dell’Istituto Comprensivo 3 Modena Piersanti Mattarella e Salvatore Giuliano (leggi l'intervista qui) dell’Istituto di Istruzione Secondaria Superiore Ettore Majorana di Brindisi.
Dirigente Barca, come valuta i dati dell’Osservatorio?
È sempre difficile trovare chi li compili correttamente perchè qualche volta può capitare che si inseriscano dati imprecisi. La qualità quindi può variare molto, ma questo è un problema di sistema a monte. Comunque la fotografia è quella.
Ci sono temi specifici da affrontare. Lo scarso numero dei device per ogni alunno, ad esempio, mi ha colpito molto. Poi, il tema della connettività è delicato, perché ogni scuola implementa l’accesso alla banda in maniera diversa: ogni istituto adotta un metodo diverso e già questo crea differenze.
Qual è la situazione del suo istituto rispetto a questi dati?
Torno al punto che mi ha colpito: lo scarso numero dei device. Questo è il tema dei temi da sempre, sin dal 1995, quando lo Stato comprava i pc. Ora bisogna considerare che queste macchine hanno un ciclo di vita che va dai 3 ai 5 anni, dopo di che la scuola deve rinnovarle. Ecco, non c’è un dibattito su questo problema che è molto importante.
Altro discorso è quando il computer è di proprietà dello studente: la mia scuola ha fatto questo tipo di scelta. Ovvero adottiamo meno libri e ogni ragazzo porta a scuola il proprio pc, che viene usato per l’intero ciclo di studi. Laddove ci sono famiglie con ISEE opportuno e altri casi specifici, glielo forniamo noi.
Negli istituti in cui vengono organizzati corsi rivolti a studenti o a docenti, la partecipazione è sempre scarsa. Perché, secondo lei, le STEM vengono percepite in questo modo?
C’è un difetto storico: nelle scuole il tema delle tecnologie didattiche è sempre stato relegato a pochi appassionati e questo è un fatto su cui il Ministero lavora dal 1995, ma ancora non si riesce a coinvolgere la maggioranza dei docenti. Nonostante questo, credo che sia stato fatto un grande lavoro perché quei numeri che consideriamo “piccoli” stanno crescendo e sono maggiori rispetto a quelli di qualche anno fa. Per quanto riguarda gli studenti, a mio avviso si deve “curricularizzare” questo tipo di attività.
Quali sono le priorità su cui agire nell’immediato?
Il mio parere è iniziare a far sì che nelle singole scuole si incominci a rendere tutto questo parte della quotidianità scolastica. Faccio un parallelo: quando sono stati introdotti i nuovi programmi scolastici per le lingue sono state declinate le lezioni di altre discipline in inglese o in francese, ecco lo stesso deve avvenire per la tecnologia come strumento per tutte le discipline. Ovvio che se ho a disposizione solo un laboratorio di 25 computer tutto questo è molto difficile. In secondo luogo, siccome le tecnologie fanno incontrare le scienze, bisogna cominciare a pensare a dei programmi scolastici che siano multidisciplinari.
Quali obiettivi intende raggiungere per la sua scuola in questo anno scolastico?
Allora, faccio una premessa: quanto ho raccontato finora per la mia scuola è già inserito in un percorso che si chiama Stem’s sisters. Parliamo di percorsi multidisciplinari sin dalla scuola dell’infanzia, che collegano tutte le discipline STEM.
Il mio augurio è che la scuola sia pensata proprio in questa maniera. Ovvio che ci muoviamo all’interno della sperimentazione, ma voglio dare stabilità e continuità a questi progetti.
Credits Copertina: Envato.com
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