Quanto corre il cosmo: James Webb rileva la velocità di espansione dell'universo
I dati del telescopio spaziale sono alla base dello studio del Chicago Carnegie Hubble Program: confermato il modello cosmologico standard. La cosiddetta costante di Hubble è stata ridotta a circa 70 km/s/Mpc
L’espansione dell’universo, una delle scoperte più straordinarie della scienza moderna, ha portato con sé una domanda essenziale: a quale ritmo si espande il cosmo? È una domanda che tocca le profondità stesse del tempo e dello spazio, un enigma che ci invita a riflettere sulle origini e il destino ultimo di tutto ciò che conosciamo.
Oggi, con il James Webb Space Telescope (JWST), siamo dotati di uno strumento senza precedenti, capace di vedere oltre i confini del visibile, di sondare le galassie lontane e di misurare con precisione la distanza delle stelle.
Il 13 agosto 2024 è stato pubblicato uno studio che ridefinisce il tasso di espansione dell’universo.
Composto da un team di scienziati dell’Università di Chicago, guidato da Wendy L. Freedman e Barry F. Madore, grazie ai dati forniti dal telescopio James Webb, è stato introdotto un nuovo metodo indipendente di misurazione della cosiddetta “tensione di Hubble”, ovvero la discrepanza (di 5,6 km/s/Mpc), a seconda che venga utilizzato il metodo Cmb (early Universe) o il metodo della scala delle distanze (late Universe) tra le diverse misurazioni della costante di Hubble (Ho), che rappresenta il tasso di espansione dell'universo. Questa costante è fondamentale perché ci permette di determinare l'età e la dimensione dell'universo.
Il cuore dello studio fornisce dati interessanti per rivelare che la tensione di Hubble potrebbe essere meno significativa di quanto si pensi. La velocità di espansione dell’universo, meglio conosciuta come “costante di Hubble” si calcola seguendo due metodologie, su differenti osservazioni: tramite la radiazione cosmica di fondo (eco del Big Bang), stimata ad oggi ad una velocità di 67,4 km/s per megaparsec (unità di misura per grandi distanze celesti), l’altra sull’osservazione diretta delle galassie vicine attraverso la luminosità di stelle come le Cefeidi (tre diverse categorie di stelle la cui luminosità varia periodicamente con il tempo).
I risultati del programma Chicago Carnegie Hubble (CCHP) per misurare la costante di Hubble, si basano su tre metodi indipendenti: la punta del ramo delle giganti rosse (TRGB), le variabili Cefeidi e l’innovativa tecnica basata sulle stelle al carbonio nel vicino infrarosso JAGB (J-Region Asymptotic Giant Branch). Sono state inoltre prese come riferimento 10 galassie vicine, ognuna delle quali ospita delle supernove di tipo Ia (una supernova originata dall'esplosione di una nana bianca), adatte per misurare la costante di Hubble (Ho), oltre alla galassia a spirale NGC 4258 (visibile nella costellazione dei Cani da Caccia).
L’output dello studio in sintesi:
Le osservazioni del JWST hanno un rapporto segnale-rumore significativamente più alto e una risoluzione angolare più fine rispetto alle osservazioni precedenti con il telescopio spaziale Hubble (HST). I calcoli fatti a partire da queste osservazioni hanno portato ad un nuovo valore, stimato a 70 km/s per megaparsec.
I dati sono stati successivamente confrontati con quelli ottenuti dall’osservazione della radiazione cosmica di fondo. I valori ottenuti risultano essere compatibili entro i margini d’errore della teoria cosmologica attuale. In conclusione, questi valori sono coerenti con l'attuale modello cosmologico standard Lambda CDM senza la necessità di includere ulteriori nuove revisioni di fisica. Saranno necessari altri dati JWST per aumentare la precisione e l'accuratezza della scala delle distanze locali e aiutarci a migliorare la nostra comprensione dell’universo.
Credits Copertina: NASA, ESA, CSA, S. Finkelstein (University of Texas)
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