Rivoluzione digitale e lavoro: sfide e opportunità
Le trasformazioni tecnologiche, come quelle che vediamo oggi, spostano la soglia di profittabilità del lavoro. Ciò che ieri non era economicamente conveniente, oggi potrebbe esserlo grazie alle innovazioni tecnologiche ma un lieve tasso di disoccupazione è fisiologico
La tecnologia, anche quella meno "disruptive", ha sempre avuto un impatto sul mondo del lavoro. Secoli e secoli prima dell'invenzione del computer, ogni innovazione ha causato in specifici ambiti un certo livello di disoccupazione. Immaginiamo quindi quanto possa essere significativo oggi l'effetto della rivoluzione digitale, se la tecnologia ha sempre creato disoccupazione, oggi lo fa in maniera ancora più marcata. Un aspetto di fondamentale importanza è che un po' di disoccupazione può fare bene al sistema economico, proprio come una piccola percentuale di inflazione. Negli anni passati, si riteneva che una buona economia dovesse puntare a tassi d’inflazione e disoccupazione pari a zero. Oggi, invece, è più chiaro che una disoccupazione del 2-3% è un segnale di dinamismo. Questa percentuale rappresenta un certo numero di persone in transizione tra un lavoro e l'altro, un fenomeno naturale in un'economia sana, indicando che il mercato del lavoro è dinamico e flessibile, con individui che cambiano occupazione in cerca di migliori opportunità. Un altro punto essenziale è che l'occupazione non è una quantità fissa, non è una "torta" con fette limitate da dividere.
Al contrario, la quantità di lavoro è virtualmente infinita; ciò che cambia è il valore economico del lavoro che vale la pena svolgere. Le trasformazioni tecnologiche, come quelle che vediamo oggi, spostano la soglia di profittabilità del lavoro. Ciò che ieri non era economicamente conveniente, oggi potrebbe esserlo grazie alle innovazioni tecnologiche.
Pensiamo, ad esempio, ai voli aerei low-cost in Europa, resi possibili dalle nuove tecnologie che hanno abbattuto i costi e reso proficuo un settore che prima non lo era.
Tipologie di disoccupazione
È fondamentale comprendere i due principali tipi di disoccupazione per sapere come affrontarli.
Abbiamo una disoccupazione da mancanza di domanda quando la domanda di lavoro è scarsa o assente e l'offerta di lavoratori è alta, come durante le grandi crisi economiche. In questi casi, le soluzioni seguono le teorie keynesiane: creare domanda, anche artificiale, per rilanciare l'economia. Lo Stato può intervenire con investimenti, creando posti di lavoro per riavviare il ciclo economico.
La disoccupazione da mancato allineamento tra domanda e offerta corrisponde alla situazione attuale in molte economie avanzate, dove c'è una forte domanda di lavoratori con competenze specifiche, soprattutto digitali, ma l'offerta di lavoro non è adeguata a soddisfare questa domanda. La soluzione non è creare più domanda di lavoro, ma riallineare l'offerta alle esigenze del mercato. Questo si realizza attraverso la formazione, il "reskilling" (acquisizione di nuove competenze) e l'"upskilling" (miglioramento delle competenze esistenti).
Life long learning
In una società sempre più digitale, la soluzione alla disoccupazione è rappresentata proprio da una formazione continua e mirata. La scuola e l'università non hanno il compito di preparare direttamente al mercato del lavoro, ma di fornire le basi teoriche e metodologiche, i fondamenti, esattamente come una palestra prepara gli atleti senza insegnare loro a giocare una partita specifica. I fondamenti si legano strettamente ai linguaggi "parlati" dall'informazione ovvero i linguaggi della divulgazione, non solo di quella scientifica come la matematica, la statistica, la biologia o l’informatica, ma anche di quella umanistica con la storia dell'arte, la musica, la letteratura. Saper leggere e scrivere questi linguaggi è essenziale per essere cittadini e lavoratori competenti in una società digitale.
Sono invece il mercato e le aziende a doversi occupare di formare i lavoratori per le competenze specifiche richieste.
In Italia, abbiamo un'opportunità unica: le accademie aziendali, che fungono da ponte tra la formazione universitaria di base e il reskilling e upskilling necessari nel mondo del lavoro. Questo modello, non molto diffuso in altri paesi, rappresenta un vantaggio competitivo che potrebbe essere sfruttato al meglio per adattarsi ai cambiamenti del mercato del lavoro.
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