Anniversario di Leonardo, le sette “visioni” diventate tecnologia dopo secoli
Conosciuto in tutto il mondo, come l’archetipo dell’artista, del genio ma anche del precursore. Leonardo Da Vinci nacque il 15 aprile 1452 a Vinci, nella frazione di Anchiano, poco distante da Firenze. Non a caso, il 15 aprile è stata proclamata la giornata nazionale del Made in Italy, per celebrare l’eccellenza italiana. Leonardo lavorò a molte tecnologie militari, ma molte altre furono intuizioni di macchine e dispositivi che videro la luce solo molti secoli dopo.
L’ala a delta, il deltaplano
Leonardo era molto affascinato dal volo, tanto da progettare un apparecchio ispirato all’anatomia di un uccello, che però non si è mai rivelata una buona strategia per far volare esseri umani. Aveva invece intuito che si poteva sfruttare l’aria per il trasporto. Anche se una versione “funzionante” di un mezzo per planare dall’alto sfruttando passivamente correnti è arrivata solo alcuni secoli dopo, Leonardo avrebbe costruito in effetti una versione del deltaplano che vedrà la luce a fine ‘800, grazie al lavoro e allo studio di colui che fu soprannominato “Re degli alianti”: il tedesco Otto Lilienthal. E ha una forma diversa da quella ideata da Leonardo e descritta nel foglio 64 del Codice di Madrid numero uno. Mezzo secolo più tardi, la coppia Francis Rogallo (ingegnere alla galleria del vento della Naca, poi Nasa) e Gertrude Sudgen Rogallo, brevettò l’ala Rogallo, un profilo ancora utilizzato per il moderno volo planare.
Foto: Leonardo Vision
Il paracadute
Nel foglio 1058 del Codice Atlantico, conservato nella Biblioteca Ambrosiana di Milano, Leonardo aveva abbozzato un’idea anch’essa portata a compimento diversi secoli dopo: il paracadute. Il disegno raffigura un uomo appeso a una “cappa” piramidale. “Se un uomo ha un padiglione di pannolino intasato, che sia di 12 braccia per faccia e alto 12, potrà gittarsi d’ogni grande altezza senza danno di sé", scriveva. Un paracadute largo sette metri per lato e alto altrettanto, dunque, di lino pesante impregnato per un effetto frenante più efficace.
Quasi 300 anni dopo, lo scienziato e inventore Louis-Sébastien Lenormand si lanciò dalla torre dell’osservatorio di Montpellier planando con due parasole dall’intelaiatura di legno. Il testimone fu raccolto pochi anni più tardi dal connazionale André-Jacques Garnerin che si esibiva lanciandosi dalle mongolfiere, altra invenzione francese degli stessi anni che diede ufficialmente inizio al volo umano. L’invenzione del paracadute “a zaino”, è attribuita al sovietico Gleb Kotelnikov.
Foto: Wikimedia
La vite aerea, l’elicottero
Una spirale per sollevarsi da terra, attivamente questa volta, penetrando l’aria proprio come un trapano. Il “motore” sarebbe dovuto essere una molla caricata dalla forza di quattro uomini, l’equipaggio sulla piattaforma alla base. Non ci sono prove che abbia mai tentato di costruire il macchinario. È interessante notare come nella ricerca dei materiali, torna sempre il lino “stoppato” o “intasato”, per resistere alla penetrazione dell’aria.
È lo sviluppo del motore a scoppio a permettere l’evoluzione e finalmente lo sviluppo dell’elicottero a inizi 900. I primi tentativi furono fatti dai fratelli francesi Louis e Jacques Breguet con il loro “Aerogiro” (Gyroplane) e dal costruttore di biciclette Paul Cornu. I progressi più significativi furono portati dalla Germania negli anni ‘30 e ‘40, e furono utilizzati per la prima volta durante il secondo conflitto mondiale.
Foto: Wikimedia
Il carro armato
Leonardo era un “ingegnere bellico”, per questo lavoro si presentava a Ludovico il Moro, signore di Milano, dichiarando di poter costruire un “carri coperti, securi e inoffensibili; e quali intrando intra li nimici con le sue artiglierie, non è sì grande moltitudine di gente d’arme che non rompessimo. E dietro a questi potranno seguire fanterie assai illese e senza alcuno impedimento" (Codice Arundel, foglio 1030). Si trattava di una testuggine, rinforzata, mossa dall’interno da otto uomini, con una torretta di avvistamento e cannoni su tutti i lati. Leonardo, non troppo sorprendentemente data la sua ingegnosità, aveva disegnato un progetto “sbagliato” che impediva alle ruote di muoversi nella stessa direzione. Sicuramente un espediente per ingannare chi fosse venuto illegittimamente in possesso dei suoi appunti.
Il Mark I fu il primo carro armato a essere adottato in un conflitto, la Prima Guerra mondiale. Inventato dagli inglesi, su spinta anche dell’ammiraglio Winston Churchill, fu dotato di cingoli perché le ruote non erano adatte ai terreni devastati dalle bombe tra le trincee.
Foto: Mostra Leonardo
Lo scafandro
Per attaccare da sotto le navi nemiche, Leonardo realizzò lo scafandro da palombaro. “Giubbon e calze, e un otricello da orinare, una veste di panziera, e l’otro che tiè l’alito, con mezzi cerchi di ferro che lo tenghin discosto dal petto. Se arai una baga intera con animella da palle, quando la sgonfierai, n’andrai in fundo, tirato da’ sacchi del sabbione; quando la gonfierai, tornerai su, sopra l’acqua. Una maschera co’ li occhi colmi e di vetro; ma che ‘l peso sia di qualità che lo levi col tuo notare. Porta un coltel che tagli ben, acciò ch’una rete non ti pigliassi. Porta con te du’ baghette o 3, sgonfiate e da gonfiare come le balle, pe’ bisogni”, così lo descrive nel Codice Atlantico. Doveva essere dotato di sacche per la respirazione con valvole per regolare apertura e chiusura, di una sacca da sgonfiare per scendere e gonfiare per la risalita con zavorre. Persino un otre per orinare.
L’invenzione dello scafandro moderno si deve invece all’inventore francese Jean-Baptiste de La Chapelle nella seconda metà del ‘700. Il primo apparato moderno per respirare sotto l’acqua (Scuba: self-contained underwater breathing apparatus) fu inventato negli anni ‘40 dai Émile Gagnan e dal mito indiscusso dell’esplorazione subacquea Jacques Cousteau.
Foto: DaVinci Life
Il robot
Non lo avrebbe chiamato di certo così, Leonardo. Robot (dalla radice ceca robot-, “robota” significa “lavoro”, così lo scrittore cèco Karel Čapek chiamò gli automi nel suo dramma fantascientifico R.U.R. del 1920). L’automa cavaliere disegnato da Leonardo doveva essere vestito d’armatura e poteva compiere, azionato con una serie di cavi, alcuni movimenti del corpo umano, come alzarsi in piedi, muovere le braccia ed emettere suoni grazie ad alcuni meccanismi all’interno del petto. Ricostruirne il funzionamento è complesso perché Leonardo ha distribuito disegni e progetti in diversi fogli e taccuini ma doveva essere ispirato ai suoi studi sull’anatomia umana (per il funzionamento di muscoli e tendini), di cui è un esempio l’Uomo vitruviano.
Anche se lungo tutta la storia (da millenni, in Cina per esempio) sono stati inventati ingegnosi meccanismi per imitare il comportamento umano o facilitarne il lavoro, i primi automi antropomorfi, autonomi, in grado di replicare il movimento di esseri umani, sono frutto della tecnologia del ‘900. Unimate, inventato da George Devol per la General Motors negli anni ‘60, è stato il primo robot industriale. Wabot-1, inventato in Giappone negli anni ‘70, è stato il primo robot antropomorfo autonomo a riprodurre (schematicamente) le fattezze del corpo umano.
Foto: Wikipedia
Il carro semovente, l’automobile
Doveva essere mosso da una serie di ruote dentate, spinte grazie a molle caricate in un meccanismo che somiglia molto a quello di un orologio. È considerato l’antenato della automobile.
Come per l’elicottero, la rivoluzione degli spostamenti avvenne solo con l’invenzione del motore a scoppio. La prim automobile “moderna” a essere prodotta e commercializzata vede la luce alla fine dell’800, il progetto era dell’ingegnere Karl Benz.
Foto: Leonardo Vision