Le 10 scoperte più sensazionali della sonda Cassini lanciata nello spazio per studiare Saturno
Vent’anni fa: il 1 luglio 2004, dopo un viaggio durato quasi sette anni e oltre tre miliardi di chilometri attraverso il Sistema solare, la missione di Nasa, Esa e Asi, Cassini-Hyugens arrivò in orbita attorno a Saturno. Terminò ben 13 anni dopo, nel 2017, dopo una lunga serie di scoperte scientifiche proseguite ben oltre la fine di quell’avventura, una delle più longeve dell’esplorazione planetaria. Scoperte possibili grazie alla tecnologia di altissimo livello messa in campo dalle tre agenzie spaziali e dalle aziende che vi hanno partecipato. Con il contributo di scienziati, università e istituti di ricerca italiani, e l’industria del nostro Paese che ha costruito gli strumenti a bordo delle due sonde, in primis Alenia Spazio (oggi Thales Alenia Space) e Officine Galileo a Campi Bisenzio, (oggi Leonardo). Ed è stata forse la missione che ha raccolto le immagini più belle, cartoline da oltre un miliardo e mezzo di chilometri.
Il Signore degli anelli
Sono la caratteristica che rendono Saturno unico tra i pianeti del Sistema solare. Grazie a Cassini, si è potuto studiare da vicino gli anelli che lo circondano, e che si sono rivelati complessi come struttura e composizione. Nonostante la loro imponenza, ben visibili da miliardi di chilometri di distanza (tra i primi a intuirli col suo cannocchiale fu Galileo, poi Huygens mentre Giovanni Domenico Cassini osservò la zona scura che li separa, divenuta nota come “Divisione di Cassini”) in alcuni punti sono spessi pochi metri e sono composti di ghiaccio d’acqua, polveri e rocce. Ad analizzarli, anche lo spettrometro Vims, al quale ha contribuito l’Italia con Officine Galileo). Durante l’equinozio, la luce radente del Sole ha evidenziato anche le strutture verticali che fanno ombra sugli stessi anelli.
Credits: NASA/JPL-Caltech/University of Arizona/CNRS/LPG-Nantes and NASA/JPL-Caltech/Space Science Institute/G. Ugarkovic
Onde e solchi di lune
Gli anelli di Saturno sembrano una presenza eterea e immutabile, ma non è così. Le lune più piccole, come, Daphnis (nella foto), Pan e Prometheus, aprono al loro passaggio varchi e increspature, come sulla superficie di un lago. O solchi, che li fanno somigliare a un disco in vinile, e che testimoniano i successivi transiti dei piccoli satelliti. Grazie a Cassini sappiamo che sono molto giovani, hanno meno di 100 milioni di anni, e non sono destinati a durare ancora a lungo, forse altrettanto. Insomma, siamo fortunati a “essere qui in questo momento” della storia del Sistema solare, ed essere testimoni di tanta armoniosa bellezza.
Credits: NASA/JPL-Caltech/Space Science Institute
La grande tempesta
Da lontano, Saturno sembra una sfera immota e placida. Non è sempre così. La sua atmosfera può essere agitata e rimescolata da potenti tempeste, talmente estese che la Terra potrebbe accomodarvisi dentro, e che possono durare mesi. Come quella immortalata dalla sonda nell’emisfero settentrionale nel 2011, innescata dall’irraggiamento del Sole, è durata circa 200 giorni terrestri. È la più grande osservata dal 1990 (all’epoca fu Hubble a testimoniarla) e in poco tempo è arrivata ad abbracciare tutta la circonferenza del pianeta, per una superficie totale pari a dieci volte quella del nostro Pianeta. Al suo interno, Cassini ha rivelato esserci anche grande attività elettrica, una tempesta di fulmini dunque. Le osservazioni compiute sull’atmosfera hanno permesso anche di stimare quanto dura un giorno lassù: Saturno gira su sé stesso in 10 ore, 33 minuti e 18 secondi. Anche se non possiede una vera e propria superficie solida da cui ammirare alba e tramonto.
Credits: NASA/JPL-Caltech/Space Science Institute
L’Esagono e i giganteschi cicloni
Un esagono al polo nord, un gigantesco vortice a quello sud. La prima a osservare cosa succede alla sommità dell’emisfero boreale di Saturno fu la sonda Voyager, la prima nella storia a passare da quelle parti. È stata però Cassini a portarci le immagini dettagliate di quello che vi accade. Quello noto come “Esagono” è una corrente a getto che corre a oltre 400 chilometri orari, alimentato, si è scoperto, dal riscaldamento del pianeta stesso piuttosto che dal calore solare. È una caratteristica che ha incuriosito e affascinato gli scienziati, e che sembra persistere senza scomporsi. Al suo interno, le immagini di Cassini ci hanno mostrato un gigantesco ciclone, anch’esso bloccato sul polo. Nella sua danza attorno al pianeta, fotografando Saturno da ogni angolo, Cassini ha scoperto un vortice simile, il cui occhio è mille volte più largo degli uragani terrestri, anche sul polo sud. Qui i venti superano i 500 chilometri all’ora.
Credits: NASA/JPL-Caltech/Space Science Institute
Laghi, fiumi e l’oceano di Titano
La luna più grande di Saturno, Titano, è il secondo satellite naturale più grande del Sistema solare (dopo Ganimede, che orbita attorno a Giove). Cassini l’ha sorvolato oltre un centinaio di volte. Così sappiamo che è l’unica luna che possiede un ciclo simile a quello terrestre dell’acqua, con nubi, precipitazioni e bacini, composti però da idrocarburi. In pratica, un meteo. La presenza di composti del carbonio suggerisce che questo mondo (è più grande del pianeta Mercurio) possa essere un ambiente potenzialmente precursore del sorgere della vita, inibita però dalle temperature estreme (-179 gradi). Lo strumento radar della sonda (con contributi da Alenia Spazio e Galileo Avionica) è riuscito a spiare oltre la spessa coltre nuvolosa e ha immortalato le frastagliate coste dei laghi e i fiumi di metano sulla sua superficie. Uno studio a prima firma italiana ha trovato prove che sotto la superficie di Titano si nasconde un oceano di acqua liquida che potrebbe ospitare la vita. È stato possibile misurando come Titano si deforma sotto l’attrazione gravitazionale di Saturno, usando i segnali radio dell’antenna italiana costruita da Alenia Spazio, ora Thales Alenia Space.
Credits: NASA/JPL-Caltech/ASI/Cornell
L’altro sbarco lunare
Cassini non era sola. Nella sua missione era accompagnata da un lander, la sonda Huygens, made in Europe, costruita in Francia da Aérospatiale, oggi Thales Alenia Space. Ed è tuttora detentrice di due record: è il veicolo spaziale che ha compiuto l’atterraggio più lontano, a un miliardo e mezzo di chilometri dalla Terra e il primo a farlo nel Sistema solare esterno, oltre la fascia di asteroidi tra Marte e Giove: accadde il 14 gennaio 2005. Huygens (battezzata in onore dell’astronomo danese Christiaan Huygens, scopritore proprio di Titano e della forma degli anelli di Saturno, nel XVII secolo) ha compiuto la lunga traversata attaccata alla sonda madre, per poi staccarsi e avviarsi verso il proprio obiettivo. Durante la sua discesa, planando grazie a un paracadute, ha catturato immagini spettacolari e aliene di lande desolate, monti e canyon scavati da piogge e fiumi ed è riuscita a raccogliere informazioni importanti sulla composizione dell’atmosfera (con uno strumento realizzato da Officine Galileo) e al suolo dove “ha toccato”, forse il fondo di un lago ormai secco.
Credits: ESA/NASA/JPL/University of Arizona
Il cuore caldo di Encelado
Un altro piccolo, piccolissimo, mondo che potrebbe ospitare la vita. Encelado rappresenta una delle grandi sorprese portate alla luce dalla missione Cassini-Huygens. Sorvolato prima dalle due sonde Voyager, negli anni ‘80, è stata Cassini a rivelarne, con diversi passaggi, caratteristiche e segreti intimi. Encelado è piccolissimo, appena 500 chilometri di diametro, e le immagini delle Voyager di una superficie con pochi crateri dimostravano che è di formazione piuttosto recente. Gli scienziati hanno ipotizzato, da subito, che potesse essere geologicamente attivo. Con l’arrivo di Cassini si è avuta la conferma: la sonda ha immortalato fenomeni di criovulcanismo, geyser di quella che poi si è rivelata essere acqua, eiettati nello spazio dal sottosuolo dalle fratture della sua crosta superficiale, dovuti alle forze mareali innescate dalla gravità di Saturno che ne riscalda l’interno. Cassini, come un esploratore senza paura, è sfrecciata attraverso questi pennacchi, riuscendo a riconoscere, con uno dei suoi strumenti, la presenza di molecole organiche (composti del carbonio). Anche questa rivelazione, direttamente dal cuore ‘caldo’ di un piccolo mondo alieno, fa pensare che in quei bui recessi possa nascondersi qualche forma di vita. Per sapere se è così, dovremo attendere le prossime missioni.
Credits: NASA/JPL/Space Science Institute
L’eterea danza delle sfere celesti
Cassini ha trascorso 13 anni orbitando attorno a Saturno, compiendo centinaia di manovre per aggiustare la propria traiettoria e osservare, studiare da vicino le decine di lune che popolano questo sistema planetario in miniatura. Tra questi ci sono oltre a Titano, anche Teti, Dione, Rhea e Giapeto, che furono scoperti proprio da Giovanni Domenico Cassini 350 anni fa; Mimas ed Encelado vennero scoperti da William Herschel nel 1789. Le immagini che riprendono sono spesso composizioni di armoniosa grazia che sembrano disegnate col compasso, sfere celesti che danzano attorno al gigante gassoso guidate dalle meccaniche gravitazionali e si posano, prospetticamente, sul piano sottile del disco degli anelli. Visioni quasi eteree. La mission Cassini, da così vicino, ha scoperto sette lune di Saturno prima sconosciute e ha immortalato quello che potrebbe essere il nucleo di formazione di una nuova al bordo dell’anello più esterno. Ulteriori osservazioni con i telescopi hanno portato a riconoscere attorno al pianeta quasi 150 lune, è il pianeta del Sistema solare che ne conta di più.
Credits NASA/JPL/Space Science Institute
Noi siamo qui, visti da Saturno
Il 19 luglio 2013, per gli appassionati, è stato “il giorno in cui la Terra sorrise”. La Nasa e il team scientifico della missione Cassini-Huygens, coordinato dall’astrofisica Carolyn Porco, invitarono tutti gli abitanti del nostro Pianeta a una specie di flash mob mondiale. Salutare e scattare una foto a Saturno, in quel momento molto luminoso e ben visibile in cielo. Lo stesso fece la sonda Cassini rivolta verso di noi, posizionata con il pianeta in controluce, per catturare il flebile bagliore dei pianeti interni del Sistema solare. Compresa la Terra (e, zoomando molto, la Luna proprio lì accanto). Il risultato fu uno scatto iconico, per il bagliore suggestivo del gigante gassoso e dei suoi anelli circonfusi di luce e per l’immagine di noi, così piccoli e chiusi in un granello di polvere nell’Universo. Un omaggio dichiarato al celebre Pale Blue dot, la foto scattata dalla Voyager 1 della Terra, nel 1990, su iniziativa del grande astronomo e divulgatore Carl Sagan.
Credits: NASA/JPL-Caltech/SSI
Il “Grand finale”
La missione di Cassini terminò il 15 settembre 2017, dopo quasi 20 anni nello spazio e 13 attorno a Saturno. Era stata prolungata dal 2008. Nove anni dopo il termine della prima fase, quella principale i suoi strumenti funzionavano ancora bene, un esempio glorioso di efficienza e resilienza tecnologiche, ma il carburante per le manovre orbitali era quasi terminato. La Nasa ha deciso così di farla scendere dentro l’atmosfera di Saturno per evitare che in un futuro potesse precipitare su una delle lune (Titano o Encelado) e che contaminasse così un luogo che potrebbe ospitare proprie forme di vita. Le sue ultime orbite furono qualcosa di mai tentato. Cassini si tuffò nello spazio tra gli anelli e il pianeta, con una serie di manovre vertiginose, prima di immergersi nelle nubi di idrogeno ed elio fino a disintegrarsi. Ha continuato a trasmettere foto e dati fino all’ultimo segnale, ricevuto alle 13.55 (ora italiana) del 15 settembre 2017.
Credits: Nasa