Smoking please
Invenduto per un paio d’anni. È così che inizia la storia di un grande – non nelle dimensioni – oggetto di design.
Comincia da un fallimento, raccontato dal suo stesso autore, Bruno Munari, artista poliedrico, progettista, grafico, scenografo – un gigante della cultura del XX secolo. Un oggetto incompreso, all’inizio, che suggerisce come il design sia forma e funzione, è vero, ma soprattutto relazione con coloro cui quell’oggetto è destinato.
Un altro gigante, Achille Castiglioni, sintetizza così la fonte del good design: «Un buon progetto non nasce dall’ambizione di lasciare un segno, il segno del designer, ma dalla volontà di instaurare uno scambio anche piccolo con l’ignoto personaggio che userà l’oggetto da noi progettato». E cosa si faceva, con leggerezza e disinvoltura, negli anni Cinquanta-Settanta? Si fumava! Ecco, allora, tanti progettisti esercitarsi nel disegno di un oggetto comune, come lo stesso Castiglioni, autore del posacenere Spirale, prodotto da Alessi. E Bruno Munari, invece? In una lezione all’Università IUAV di Venezia, nel 1972, ammette: «Pensavo di far qualcosa che nascondesse lo sporco, perché quando si è a tavola e c’è qualcuno che fuma abbiamo davanti un piatto di cibo e un piatto di cicche, che non è tanto bello. Mentre se c’è un cubo, con le sue lamette, il mozzicone resta dentro e non si vede niente. Il posacenere l’avevo sbagliato, nel senso psicologico. Non avevo capito che la gente, quando pensa al posacenere, immagina un piattino di una qualunque forma, materiale, colore, con dentro i mozziconi. Se non si vedono i mozziconi non è un posacenere. Lì li nascondevo e quindi non si capiva cos’era. Una signora che l’ha ricevuto l’aveva montato al rovescio, quindi chiuso anche di sopra. Ha telefonato alla sua amica chiedendo: “Bello quel cubo che mi hai mandato, a cosa serve?”. Ha capito dopo, rovesciandolo, che c’era una fessura. Per questo il posacenere è rimasto invenduto per due o tre anni». Tema di progetto, quasi metafisico: se non capisco a che cosa serve, e non colgo immediatamente la funzione, è good design?
Cubo è un posacenere da tavolo in melammina e alluminio, progettato nel 1957, in due dimensioni perfette, small, 6×6×6 cm, e large, 8×8×8 cm, e tre colori: bianco, nero, e arancione. Come il design più raffinato, è composto da due elementi semplici: una scocca cubica, aperta su un lato e una lamina metallica inserita al suo interno, la cui conformazione e inclinazione di un taglio ad angolo acuto crea una fessura capace di accogliere e nascondere il contenuto. La melammina è una resina non infiammabile, resistente all’acqua, agli agenti chimici, all’abrasione e al calore dei mozziconi. La lamina interna in alluminio anodizzato è studiata per garantire lo spegnimento per asfissia del contenuto. È un cubo, quindi difficile che si rovesci. Non si sa se per intuizione del produttore, il geniale Bruno Danese, di sicuro per la sua determinazione, Cubo rimane in catalogo e diventa un’icona del design, ancora oggi in produzione. «Allora lo spaesamento era comunque forte. A quell’epoca, vedendo i nostri prodotti, i commenti erano del tipo: “Questo è un posacenere?”», racconta Danese. Ecco, un altro tassello – l’azienda che lo produce deve capire l’oggetto, sostenerlo, comunicarlo, rivoluzionando le regole del mercato. Danese arriva sulla scena del design italiano con un catalogo di oggetti dirompenti, di grande forza semantica. Tutti disegnati da quelli che diventeranno i maestri, in un intreccio originale tra design e arte – Enzo Mari e Bruno Munari, tra i primi. Sì perché il primo progetto di Munari per Danese segna anche l’inizio di una grande amicizia con l’imprenditore: «Abbiamo avuto con lui un rapporto intensissimo che – caso forse unico tra i nostri, diciamo, collaboratori – non si è esaurito nel rapporto di lavoro ma è divenuto col tempo un rapporto personale davvero intimo: da amici che non solo uscivano insieme la sera, ma facevano viaggi e tante altre cose. Un personaggio talmente denso che ancora oggi sia Jacqueline (Vodoz, cofondatrice di Danese nel 1957) che io continuiamo a pensare chi fosse veramente Munari», racconta Bruno Danese.
Un oggetto amico, Cubo, funzionale e rivoluzionario allo stesso tempo, è oggi nelle collezioni del MoMA di New York. Smoking, please!
Copertina: Cubo, Bruno Munari, 1957, Danese Milano
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