Come gechi: sfidare la gravità attraverso superfici adesive
Le superfici adesive che si studiano al Politecnico di Bari non usano colla e nemmeno l’effetto ventosa ma, proprio come i gechi, sfruttano le interazioni adesive per poter aderire ad un oggetto
Avete mai sognato di correre a testa in giù oppure di arrampicarvi su pareti verticali come un geco o una lucertola? In questo video Antonio Papangelo, professore associato presso il Dipartimento di Meccanica, Matematica e Management del Politecnico di Bari, ci illustra la ricerca svolta nel laboratorio di tribodinamica dove si studia l’adesione tra due superfici.
“Il segreto di gechi e lucertole - dice Papangelo - è quello di riuscire a regolare rapidamente la forza con cui la zampetta aderisce sulla parete. Questo gli permette di muoversi rapidamente, di sfidare la gravità”.
Le superfici adesive che si studiano al Politecnico di Bari non usano colla e nemmeno l’effetto ventosa ma, proprio come i gechi, sfruttano le interazioni adesive che “si instaurano naturalmente a scale nanometriche per poter aderire ad un oggetto. Queste superfici - continua il professore - vengono progettate ed ottimizzate al computer attraverso simulazioni numeriche, vengono poi fabbricate con una risoluzione elevatissima, cento volte più piccola del diametro di un capello, e le loro proprietà adesive vengono testate in un apparato sperimentale progettato ad hoc”. Qui le superfici vengono eccitate da una vibrazione micrometrica che permette di regolare rapidamente la forza di adesione, incrementandola o diminuendola a nostro piacimento.
Lo sviluppo di questa tecnologia è reso possibile anche grazie al finanziamento di 1,5 milioni di euro ricevuto dal progetto di ricerca Europeo “SURFACE”, che in inglese significa “superficie”: è l’acronimo di “Towards Future Interfaces With Tuneable Adhesion By Dynamic Excitation” e consiste nello sviluppare superfici adesive da regolare in base alle micro vibrazioni sovrapposte.
Gli ambiti di applicazione
A cosa potrebbero servire queste superfici adesive? Per Antonio Papangelo “potrebbero trovare applicazione nello sviluppo di bracci robotici di nuova generazione in grado di afferrare e manipolare gli oggetti che ci circondano senza danneggiarli”. Pensate, ad esempio, all’interazione uomo-macchina con la presenza di robot che devono afferrare oggetti, spostarli, manipolarli. Tutte azioni che richiedono una elevata capacità di controllo delle forze di contatto tra un manipolatore (la mano, ad esempio) e gli oggetti circostanti. Un altro ambito di applicazione è quello spaziale: superfici con forze adesive elevate ma controllabili rapidamente sarebbero rivoluzionarie in un ambito – quello spaziale, appunto – dove non è possibile prevedere a priori su quale tipo di superfici opererà il robot o quali ostacoli potrebbe incontrare. Così, conclude Papangelo, “i robot soffici (quelli con capacità di adattamento superiori a quelle dei robot tradizionali: possono allungarsi, torcersi, deformarsi, ndr) potranno muoversi rapidamente in ambienti angusti o pericolosi per l’uomo”. Proprio come gechi e lucertole.
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