La digitalizzazione della democrazia e dell’attività parlamentare: una conversazione con il professor Nicola Lupo
Il Professor Nicola Lupo, coordinatore dell’Unità per la razionalizzazione e il miglioramento della regolazione per il PNRR, ha risposto ad alcune domande in merito alla transizione digitale, proponendo alcune ipotesi di sperimentazione normativa dirette a superare le disfunzioni derivanti dalla normativa vigente.
Il rapporto tra tecnologia e democrazia delineato dalla e-democracy e dall’e-government comporta davvero una maggior inclusione e partecipazione dei cittadini alla sfera pubblica?
La domanda affronta un nodo cruciale. Quella che era la giustificazione di ordine pratico più solida a favore della democrazia rappresentativa, anziché la democrazia diretta, viene meno. Tutti i teorici del pensiero liberale hanno fatto leva sul fatto che una democrazia diretta non fosse praticabile, perché non era possibile tecnologicamente consultare i cittadini su tutte le questioni. Questo argomento oggi non lo possiamo più utilizzare. Oggi con le nuove tecnologie è diventato possibile.
Quali sono oggi i vantaggi di una democrazia rappresentativa?
Se svolgiamo un referendum e i cittadini possono scegliere con un si o con un no, quelli che ne escono sconfitti non possono contribuire alla decisione finale. La democrazia rappresentativa ci permette di sentire e di far contare anche l’opinione delle minoranze. Ci consente di ponderare gli interessi e di negoziare le posizioni e di fare politica. Se la democrazia rappresentativa fosse sostituta dalla democrazia diretta, non si potrebbe procedere ad una ponderazione degli interessi, che poi è l’anima della politica.
Può farmi un esempio?
Il 19 luglio scorso, in una seduta notturna delle Commissioni riunite Affari Costituzionali e Ambiente della Camera è stato approvato, infatti, un emendamento al decreto-legge c.d. “semplificazioni” (dl n. 77 del2021) che prevede la possibilità di sottoscrivere in via digitale (“anche mediante documento informatico, sottoscritto con firma elettronica qualificata”) le proposte di referendum e le iniziative legislative (emendamento 38.027 Magi e altri). Una “semplificazione”, rispetto alla Legge n. 352 del 1970, che ha dato attuazione ai referendum previsti nella Costituzione, regolando tra l’altro le modalità di raccolta delle 500.000 sottoscrizioni per presentare richiesta di referendum abrogativo. Una piccola previsione a rendere decisamente più spedito e dunque maggiormente accessibile il raggiungimento delle 500.000 sottoscrizioni può essere sufficiente a cambiare questo equilibrio.
Le piattaforme di social networking possono avere l’effetto opposto di non consentire un confronto politico di idee e dar vita a un totalitarismo a causa di una privatizzazione della rete in antitesi con lo sviluppo di un ambiente democratico?
I social network sono strumenti potenti che cambiano il nostro modo di vedere il mondo e che impattano su tutta la nostra vita, sulla dimensione politica e sulle istituzioni rappresentative. Rendono tutte le reazioni dell’opinione pubblica molto più rapide ed eliminano le forme di intermediazione. Abbiamo sempre più spesso un rapporto diretto tra rappresentanti e rappresentati. Non c’è più filtro o distanziamento e il livello di pubblicità tende ad essere incrementato e a volte esasperato per effetto di internet.
La digitalizzazione può influire sulle procedure istituzionali?
Si. Ciò che avviene nelle commissioni parlamentari, per esempio, può essere diffuso immediatamente a tutti. Il question time nelle Aule parlamentari è uno strumento che con i social network ha guadagnato visibilità. Il procedimento legislativo in commissione in sede referente invece, dove si raggiungono i compromessi, oggi va in crisi favorendo le procedure come quella dei maxi emendamenti con cui si arriva direttamente in Aula parlamentare azzerando la pubblicità della ponderazione degli interessi in gioco per paura dell’immediatezza delle reazioni. Inoltre la limitazione del dibattito pubblico e dei soggetti ammessi a dibattere, tende ad essere privatizzata: i social network privati fanno da filtro sull’informazione.
Pensa sia necessaria una costituzionalizzazione del diritto di accesso ad internet per garantire equità e accessibilità e inclusività degli strumenti digitali usati nell’ambito della politica?
Il lavoro della commissione di studio Boldrini che nel 2015 ha elaborato la Dichiarazione dei diritti in Internet, è stato senz’altro prezioso, ma per alcuni versi di un’altra epoca. Manca, nel documento del 2015, la cui preoccupazione principale era la costituzionalizzazione del diritto di accesso ad internet, la dimensione del dovere. In tutte le norme costituzionali c’è la dimensione del diritto e del dovere. Chi possiede il dato ha un potere e dunque ci sono anche degli obblighi che discendono dal possesso del dato. Nel costituzionalizzare questo diritto è perciò necessario abbinarlo anche ai doveri e agli obblighi.
Crede che al fine di promuovere e potenziare iniziative di sperimentazione normativa, anche tramite relazioni istituzionali con analoghe strutture istituite in Paesi stranieri, possa essere utile predisporre una regolamentazione più vincolante, che non sia solo moral suasion, della libertà di accesso a internet?
La cosiddetta regulatory sand box o sperimentazione normativa, consiste nella possibilità, per l’ordinamento, di costruire degli spazi normativi protetti in cui liberare l’innovazione dai troppi vincoli normativi. E’ una previsione contenuta nella normativa italiana in maniera limitata, ma che sottolinea come la rivoluzione digitale e l’Intelligenza Artificiale cambino un po' il lavoro del regolatore che diventa un lavoro volto a co-regolare.
Ne può beneficiare il rapporto tra gli organi istituzionali?
Senza dubbio. Ci si è accorti che né l’autoregolazione né la forma di regolazione autoritativa funzionano e quindi spesso dobbiamo andare verso un meccanismo di co-regolazione che vale anche per Governo e Parlamento e quindi è un tema a cui stiamo lavorando come Unità per il miglioramento della regolazione.
Una sua opinione sulla digitalizzazione dei procedimenti legislativi e sul voto elettronico?
La pandemia ha accelerato una serie di processi già in essere nei Parlamenti di tutto il mondo. In alcuni Parlamenti questo ha portato a una spinta molto forte verso la digitalizzazione delle procedure, come ad esempio nel Parlamento europeo, in cui si utilizza il lavoro a distanza anche per ragioni logistiche e dove si sono fatti investimenti importanti per le nuove tecnologie negli ultimi anni.
E il Parlamento italiano?
Il nostro Parlamento è stato più moderato nell’uso delle nuove tecnologie nell’attività parlamentare. Per il momento l’effetto principale è stato quello di moltiplicare le audizioni degli esperti che si svolgono a distanza, ma non ha inciso sui procedimenti che implicano votazioni.
Potrebbe essere la soluzione una digitalizzazione del procedimento parlamentare ?
Ho la sensazione che il trend verso la digitalizzazione continuerà anche successivamente alla fine della pandemia, sempre nella consapevolezza che per molte attività parlamentari la compresenza sia essenziale. Una certa quota di attività parlamentare si potrebbe fare a distanza con qualche accelerazione sul piano della digitalizzazione, che si è già realizzata, e che deve portare a riconcepire un po' e a reingegnerizzare i procedimenti parlamentari.
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