Learning the future, la nuova mission della Fondazione Leonardo
Divulgare scienza e tecnologia, con l’ambizione di fornire delle bussole per navigare nel presente prima di guardare al futuro
In un mondo bombardato dalle informazioni, la lucidità e la capacità di analisi sono le prime a vacillare. Parafrasi ispirata dall’ultimo saggio dello storico Yuval Noah Harari, 21 lezioni per il XXI secolo, che qui usiamo per descrivere il compito della Fondazione Leonardo: divulgare scienza e tecnologia, con l’ambizione di fornire delle bussole per navigare nel presente prima ancora di poter guardare al futuro. Facile a dirsi, sempre più complesso a farsi, perché significa tirarsi fuori dal clamore imperante, dalla costante polarizzazione, dalla continua confusione che porta a prendere sintomi per cause, passato per futuro, interiore con esteriore, microscopico con macroscopico.
Fare i conti con una società dalla percezione ormai alterata è probabilmente il principale compito che oggi dovrebbe porsi chiunque vuol unire diritti e società digitale, conoscenza scientifica e cultura.
Perseguire, senza scopo di lucro, l’obiettivo di promuovere la crescita culturale della società civile riguardo ai temi dell’industria, della tecnologia e della scienza come intende fare la Fondazione Leonardo, vuol dire infatti porsi in primo luogo il problema del come, attraverso quali mezzi e con quale linguaggio si veicola un certo contenuto.
Non siamo esseri razionali ma razionalizzanti, sostiene il saggista Jonathan Gottschall in Il lato oscuro delle storie. Come lo storytelling cementa le società e talvolta le distrugge. Teniamo molto alla coerenza dei nostri pregiudizi di conferma più che all’indagine della realtà. Eppure una realtà alla fine esiste ed è spesso misurabile scientificamente, solo che ormai a contare di più è la sola percezione degli eventi e sempre meno gli eventi stessi malgrado mai come adesso abbiamo a disposizione strumenti accurati per analizzarli.
In una ricerca che la Ipsos pubblica da qualche anno, I pericoli della percezione, nell’edizione 2017 venne fuori un quadro preoccupante. Aveva messo a confronto trentasette Paesi, dalla Nuova Zelanda al Canada, passando per la Francia, la Germania, il Belgio e l’Italia. Oltre ventottomila interviste con domande uguali per tutti, su aspetti quantificabili che vanno dalla società all’economia: reddito pro-capite della propria nazione, popolazione carceraria, numero di omicidi, qualità del sistema sanitario, prodotto interno lordo e via discorrendo. Un gioco, se così lo vogliamo chiamare, molto simile a quello che proponeva l’accademico svedese Hans Rosling, in un suo saggio sulla forza dei dati e la natura della percezione dal titolo esplicito: Factfulness. Dieci ragioni per cui non capiamo il mondo. E perché le cose vanno meglio di come pensiamo.
Nell’indagine Ipsos gli italiani non erano all’ultimo posto nella graduatoria delle nazioni con il tasso più alto di sottostima e interpretazione errata dello stato del proprio Paese, ma eravamo i peggiori in Europa. In certi ambiti in maniera vistosa. Dal livello di immigrazione a quello della corruzione, fino al numero di omicidi o all’ammontare della popolazione carceraria, si ingigantisce tutto ciò che è negativo e si sminuisce quel che al contrario è positivo, della ricchezza pro-capite alla qualità della sanità pubblica rispetto a quella che si ha in buona parte del resto del mondo.
E ancora: il Censis nel 2021 ha pubblicato il suo cinquantacinquesimo rapporto sulla società italiana. Uno dei capitoli era intitolato La società irrazionale. Si cita il sonno della ragione, la fuga fatale nel pensiero magico, stregonesco, sciamanico, che pretende di decifrare il senso occulto della realtà.
Una sfiducia nella scienza dalle proporzioni allarmanti, con tecnologie fraintese come il 5G visto come strumento per controllare le menti e ben tre milioni di persone che in Italia sono ormai sicure che la Terra è piatta e più del doppio certe che l’uomo non è mai sbarcato sulla Luna.
«Una irragionevole disponibilità a credere a superstizioni premoderne, pregiudizi antiscientifici, teorie infondate e speculazioni complottiste», scriveva il Censis.
C’è molto da fare se si vuol promuovere la crescita culturale della società civile riguardo ai temi dell’industria, della tecnologia e della scienza. Bisogna puntare a contenuti capaci di mantenere la propria rilevanza nel tempo, dunque di grande autorevolezza senza inseguire le mode. Scienza e tecnologia non sono solo leve per costruire un futuro per chi sta ancora studiando, ma anche strumenti destinati a tutti gli altri per creare nuove possibilità e per sé o per la propria azienda.
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